50 sfumature di giallo

Ho sempre amato i gialli e i polizieschi, fin da ragazzina. Dopo avere letto l’inevitabile e un po’ pallosa saga di Piccole Donne, i miei libri preferiti sono presto diventati i romanzi di Agatha Christie, che mi hanno fatto compagnia nelle lunghe estati delle medie. Mi piacevano anche i classici gialli Mondadori, quei libricini con in copertina l’inevitabile pistola, o impermeabile e cappello, che avevano come protagonisti ruvidi ispettori di polizia americani. Non mi perdevo una puntata della serie televisiva di Ellery Queen, e lo confesso, anche della Signora in giallo. Poi sono passata ai romanzi di spionaggio: Follet e Le Carrè degli anni della guerra fredda, poi il legal thriller di Turow (come dimenticare Presunto Innocente?) e di Grisham. Ho ho amato molto anche Patricia Cornwell, ma negli ultimi anni le è venuta un po’ la sindrome di Beautiful (personaggi che muoiono e poi risorgono, tutti hanno avuto storie d’amore/sesso con tutti), e a piccole dosi apprezzo le atmosfere inglesi di Elizabeth George.

Mentre le mie amiche si perdevano in fantasie sadomaso con Mr Grey, io mi sono presa una cotta per un poliziotto norvegese. Ho comprato “Lo spettro” di Jo Nesbo dallo scaffale del supermercato, con  lo stesso distratto consumismo con cui avrei preso un pacchetto di biscotti, l’ho iniziato ed è stato un colpo di fulmine. Le storie di Nesbo sono ambientate in una cupa Oslo, con i suoi inverni gelidi e gli impronunciabili nomi delle strade: apparentemente poco invitante, in realtà una scenografia perfetta per serial killer, spacciatori e misteriosi omicidi. Per certi versi Nesbo ricorda le atmosfere di Stieg Larsson, lo sfortunato autore della trilogia Millennium, morto d’infarto a 50 anni prima di potersi godere il grande successo dei suoi libri: sono geograficamente vicini, hanno la stessa ironia asciutta e maschile, e Lisbeth Salander sarebbe andata perfettamente d’accordo con il personaggio creato da Nesbo. Il protagonista dei suoi libri è un commissario di polizia con un nome da rockstar – Harry Hole – e un indiscutibile fascino maledetto. Harry è il classico antieroe che diventa eroe sue malgrado: poliziotto nell’anima, ossessionato dall’ideale di catturare i cattivi, sgualcito e sfregiato dalla vita, solitario e alcolizzato, ma sotto sotto un vero duro dal cuore tenero. Ovviamente le donne gli cadono ai piedi, più sono pericolose più lo amano, compreso il suo grande amore Rakel, che è il suo opposto: raffinata, bella, di buona famiglia, e con un figlio per cui Harry sarebbe un improbabile padre. Me lo immagino come un Bruce Willis nordico, sia perchè ho sempre considerato Bruce un gran figo, sia perchè Harry ha molto in comune con il protagonista di Die Hard, compreso il fatto di andare in giro ferito e sanguinante, sempre sul punto di essere ammazzato, con un colpo di pistola o un coltello alla gola, o spesso entrambi contemporaneamente, riuscendo a sopravvivere sempre e comunque. Complice la polmonite che mi ha tenuta chiusa in casa per oltre un mese, ho ordinato in blocco su Amazon tutti i libri precedenti a “Lo spettro” e devo dire che non sono rimasta delusa. Mi mancano un libro e mezzo e già so che Harry mi mancherà moltissimo! Spero che nel frattempo il vecchio Jo stia scrivendo il seguito, anche perché – chi l’ha letto sa perché lo dico – sono molto curiosa di vedere come tirerà fuori il nostro eroe dalla situazione in cui l’ha lasciato alla fine de “Lo spettro”…

Quei ruffiani dei muffin

I piatti che prepariamo dicono molto di noi, nutrono e intanto comunicano dei messaggi. Se sono ospite da amici e porto la classica torta salata, pasta sfoglia del supermercato più verdure e formaggio, è chiaro che volevo una soluzione pratica, gustosa ma senza troppo sbattimento. Ci sono i grandi classici, quelli con cui non sbagli mai e accontenti tutti: una bella torta di mele o una crostata con la marmellata.  Invece conosco qualche cuoca kamikaze, che sperimenta nuove ricette proprio da portare agli amici. Arriva con un tiramisu light – ricotta al posto del mascarpone e biscotti secchi invece dei savoiardi -, bella idea… peccato che il dolce resti quasi intatto nella sua teglia, mentre tutti inventano fantasiose scuse tipo “sono a dieta”, “ho un’intolleranza all’uovo”.

Poi ci sono  quei piatti che sono tutto un programma: se voglio cambiare l’umore di mio marito gli preparo una bella carbonara, magari col pecorino piccante. Le lasagne dicono “E’ domenica!”, gli spaghetti con le vongole sono come le rondini che ritornano e annunciano l’estate, mentre se preparo polenta e funghi è ottobre, o novembre.

Ultimamente ho una passione per i muffin: quelle tortine soffici e invitanti, ideali a colazione e merenda, e perfette per accompagnarmi alle cene da amici. Si possono fare sia dolci che salati, sono veloci e semplici. Grazie alla moda importata dai paesi anglosassoni, nei negozi di casalinghi, ma anche in qualche supermercato ben fornito, si trovano dei bellissimi pirottini di carta colorati, a pois, a fiori, che già da soli danno un’aria professionale anche alla più principiante delle cuoche. Sono comodi da trasportare e da mangiare, e sono il dolce ideale da preparare con i bambini. L’impasto è facile, sistemare i pirottini e giocare con colori e combinazioni è  divertente, così come distribuire la pasta col cucchiaio.

Vi propongo le due versioni, dolce e salato, con qualche variante, ma ci si può davvero sbizzarrire con gli ingredienti e creare il proprio personalissimo muffin.

MUFFIN DOLCI:

Impasto di base: 3 uova, 170 gr di zucchero, 70 gr di burro fuso, 170 gr di farina, 1/2 bustina di lievito, 1 bustina di vanillina

Col frullino mescolare lo zucchero e le uova, aggiungere il burro fuso, la farina setacciata con il lievito e la vanillina ottenendo un impasto liscio e morbido.

A questo punto potete aggiungere delle gocce di cioccolato, oppure dei mirtilli; una mela grande tagliata a fettine piccole e sottili, delle scaglie di mandorle o noci.

Se li volete versione brownies al cioccolato, sostituite 20 gr di farina con 20 gr di cacao amaro.

Infine, una profumatissima versione natalizia: aggiungete all’impasto della cannella, abbondante zenzero in polvere e un pizzico di noce moscata e spolverizzate con zucchero di canna che creerà una deliziosa crosticina caramellata.

Distribuite l’impasto nei pirottini e cuocete in forno a 180° per mezz’ora.

MUFFIN SALATI:

Impasto di base: 3 uova, 200 gr di farina, 100 ml di latte, 10 gr di lievito per torte salate, 100 ml di olio di oliva, 30 gr di parmigiano, sale e pepe

Mescolate le uova con il latte e l’olio, aggiungete la farina setacciata con il lievito e il parmigiano, sale e pepe.

Quindi aggiungete: dadini di formaggio (emmental, fontina, scamorza affumicata), oppure verdure (zucchine, piselli o peperoni, prima fatti stufare in padella con cipolla, se vi piace, olio sale e pepe); per una versione particolarmente saporita fate appassire dei cipollati  in padella insieme a dadini di pancetta e aggiungeteli all’impasto. Infine due idee particolarmente gradite ai bambini: dadini di prosciutto cotto e provolone dolce, oppure pomodorini tagliati a dadini e provolone (la mozzarella fa troppa acqua).

Riempite i pirottini, infornate a 180° per 20-25 minuti; sono buonissimi anche tiepidi.

 

 

Dettagli casalinghi

Ci sono periodi in cui la casa in cui vivi è poco più di un albergo. Anzi, un bed & breakfast in cui fai colazione senza neanche aprire le persiane e torni la sera che è già buio, il tempo di cenare velocemente, lottare con i bambini sull’ora in cui bisogna andare a letto, ed è finita un’altra giornata. Nell’ultimo mese invece ho vissuto davvero la mia casa, ho riconquistato spazi trascurati da anni, ho imparato a conoscere i rumori che nel breve spazio del fine settimana non avevo notato. Il sole che d’estate scalda il giardino e da cui ci ripariamo con le tende, in autunno filtra attraverso i vetri e scalda i colori dei muri e crea un angolo perfetto sul divano per leggere.

I gatti si sono rapidamente abituati alla mia presenza costante, verso mezzogiorno arrivano puntuali a reclamare la carnina quotidiana. Non solo la mia regale Harley, che è con noi da 8 anni, così discreta e domestica che a volte sembra comportarsi come un cane più che come un gatto, ma anche il misterioso Nuvola. E’ comparso timidamente nel nostro giardino circa un anno e mezzo fa, spelacchiato e pauroso. Piano piano ho cominciato a lasciargli le crocchette, ad avvicinarmi mentre  mangiava e ho vinto la sua diffidenza. Nel frattempo il suo pelo bianco e vaporoso si è infoltito e da qui è nato il suo nome: Nuvola è un gattone bianco e grigio con due penetranti occhi verdi, un muso elegante e un atteggiamento da nobile decaduto. Non abbiamo mai capito da dove sia venuto, nessuno è mai venuto a cercarlo e ormai si è sistemato stabilmente da noi. A volta tenta di entrare in casa ma al minimo rumore scappa fuori. Se ne sta seduto sulla soglia della mia cucina, guardando dentro incuriosito e con un velo di rimpianto nello sguardo. E’ castrato ed è indubbiamente un bel gatto, questo mi fa pensare che abbia avuto una casa, una famiglia che si è occupata di lui per un certo periodo, ma poi… chissà cos’è successo, forse si è perso, forse è stato maltrattato o abbandonato, e ha scelto di restare da noi dove ha trovato una compagna, platonica, cioè Harley, cibo e tranquillità. Cosa pagherei perchè potesse raccontarmi la sua storia…

Influenze catartiche

Ero tornata dalle vacanze se non proprio rigenerata, comunque rilassata, abbronzata e pronta a ricominciare il nuovo anno con energia. Tempo un paio di settimane ero già presa nella solita centrifuga: sveglia, lavati, crema antirughe, vestiti, tira i bambini giù dal letto. Non voglio il latte voglio il succo, metti le scarpe, hai messo tutto in cartella? dov’è la ruspa rossa? non va bene quella gialla amore? no, quella rossa!

Semaforo rosso, traffico, ciao fai la brava; spesa veloce poi in ufficio, fogli, numeri, telefono che suona, casini, CHE PALLE!; il cibo della mensa fa sempre più schifo anche confronto alla pasta in Corsica; caffè, altri casini, bagno le piante e scappo.

Palestra, risucchia l’ombelico, srotola le vertebre, doccia lampo, prendi i bambini; tutto bene oggi? ho preso un castigo…come castigo, dopo una settimana di seconda elementare? ok, 3 giorni senza televisione, Susi 1 Mamma 0, autogol della mamma perchè così devo trovarle qualcosa da fare; riunione  a scuola: obiettivi, impegno, piano formativo, supporto dei genitori, compiti, temperate le matite e ricordatevi la colla (la colla manca sempre nell’astuccio, ma cosa ne fanno, la mangiano?).

3 feste di compleanno in 10 giorni, regali: a Vanessa piacciono i gatti, a Emma le ballerine e Gaia odia il viola…saccheggiamo Accessorize di penne sberluccicanti e diari col lucchetto; devo andare dal parrucchiere, forse anche a fare la ceretta, devo informarmi per il pattinaggio e il corso di chitarra, devo fare il cambio dell’armadio che ormai i copricostume si stanno mischiando alle felpe…poi una sera SLAM, mi investe un tir targato H1N1.

Mentre faccio in automatico le solite operazioni serali – pigiama, lava i denti, prepara i vestiti per domani – una cappa pesante di malessere mi piomba addosso. Finalmente riesco a mettermi sotto le coperte, mi sento malissimo, provo la febbre… bip bip bip… 38.5?! ah ecco. Butto giù una tachipirina, mi rotolo tutta la notte pensando che domani è venerdì, devo finire i dettagli della semestrale, alle 6 c’è postural yoga, e poi sabato il parrucchiere, e le due feste di compleanno…. e quando mi sveglio alle 7, con un dolore intercostale fortissimo e la febbre già a 38, mi è improvvisamente chiaro che non andrò da nessuna parte.

La febbre sale, la dottoressa dice che è influenza, mentre il termometro raggiunge i 39.5 scivolo lentamente in uno stato di semi incosciente delirio. Mia mamma prende saldamente il controllo della vita domestica e porta i bambini a dormire da lei, dato che l’unica cosa che riesco a fare è rotolarmi sudando come un cammello. Per 3 giorni resto in questo limbo, tra strani sogni – devo riordinare delle palline arancioni che scappano dappertutto, lavoro in una profumeria ma non trovo quello che mi chiedono “dove sta l’antirughe al caviale?!”, paura – e se non mi passa? portatemi al pronto soccorso!, pensieri assurdi come “devo pensare al menù di Natale”. Mi fa male dappertutto, cambio 4 pigiami al giorno e ho l’aspetto di una Medusa con le occhiaie. L’amarissimo antibiotico comincia a fare effetto e inizio a riprendermi. Allo specchio mi appare una specie di zombie… devo farmi una doccia. Dal letto riesco a trasferirmi per un paio d’ore sul divano, fuori ci sono 25 gradi ma io sto sotto il pile e sudo, sudo. Mi sento come se fossi scampata a un naufragio, mi ritrovo spiaggiata, ammaccata, sfinita.

Penso che a volte il nostro corpo ci manda dei messaggi – la settimana prima ho avuto uno dei miei fantastici raffreddori a fontana, ma stupidamente ho continuato a correre come se niente fosse – che noi testardamente non ascoltiamo, finchè cediamo di schianto, e ci dobbiamo fermare per forza. E intanto capisci che il mondo va avanti lo stesso, senza di te e che forse questo stop forzato ti fa bene. Ogni tanto ho bisogno di staccare da tutto, dimenticare le email, il caffè, facebook, il parrucchiere… Ogni tanto devi fermarti, toglierti vestiti, trucco e parrucco e fare i conti con l’essenza di te stessa, guardarti allo specchio senza maschere, senza correttore. Chi sono? Cosa voglio davvero? Quali sono le cose che mi fanno stare bene sul serio? Bè, questo è un altro post…

7 anni sulla Luna

Questa foto è da circa due anni lo sfondo del mio cellulare. L’ho scattata in Sardegna, in una perfetta notte di agosto: il mare calmo e scintillante sotto i raggi della luna, le onde che si scioglievano leggere sulla spiaggia. Ma proprio in quella notte di luna piena e splendente è successo qualcosa di terribile, un’amica ha perso suo figlio.

Ho conosciuto la mamma di Riccardo circa sette anni fa, su un sito dove le neomamme parlano di poppate, rigurgiti e notti insonni. Susi e Richi sono nati a pochi mesi di distanza, così come i bimbi delle altre mamme con cui ci scambiavamo consigli e confidenze. Mese dopo mese, anno dopo anno siamo diventate amiche, alcune di noi si sono incontrate di persona approfittando della vicinanza geografica, abbiamo condiviso le prime pappe, i primi passi, le foto dei compleanni, l’inserimento all’asilo, i pianti e le risate che i nostri cuccioli ci regalavano ogni giorno.

Poi Richi si è ammalato, e nessuna di noi poteva credere a quello che gli stava accadendo: un’operazione delicata e poi la chemioterapia. Per mesi abbiamo lottato con lui e i suoi genitori, abbiamo sostenuto la nostra amica con abbracci virtuali e non, abbiamo pregato  e incrociato le dita, fiduciose che quel bellissimo bambino biondo sarebbe presto tornato a sorridere. E per un breve periodo così è stato, Richi sembrava guarito! Ma durante l’estate di due anni fa la malattia è tornata, più cattiva e implacabile, e nel giro di poche settimane si è portata via Richi. Io ero in vacanza in un posto bellissimo, apparentemente felice e spensierata, ma avevo un macigno nel cuore, non riuscivo a credere a quello che era successo. Quando un bambino di 5 anni muore di leucemia ti scattano nella testa tante domande. Perché? Che senso ha? Come si fa a sopravvivere? Domande enormi a cui io, da lontano, non provavo neanche a darmi delle risposte, ma con cui i genitori, gli zii, i nonni di Richi convivono da due anni. Però ho cominciato a vedere tutto da una prospettiva diversa. Le vacanze con una bambina di 5 anni e uno di 18 mesi non sono propriamente rilassanti, ma quella notte davanti alla luna piena ho ringraziato per i capricci quotidiani, per la difficoltà di gestire gelosie ed esigenze diverse. I piccoli, insignificanti particolari di ogni giorno – scegliere la marmellata per la colazione, fare un castello di sabbia, gonfiare i braccioli, portare in braccio il  mio piccolo addormentatosi nel bel mezzo del pranzo – mi sono sembrati incredibilmente preziosi. L’unica cosa che potevo fare io, in quel momento e da allora in avanti, per onorare il ricordo di Richi, era vivere intensamente ogni attimo e dare il meglio di me ai miei figli. Ci sto provando, da allora ogni giorno, per questo tengo bene in vista la foto di quella luna che si specchia nel mare.

E poi c’è la mamma di Richi. Una donna speciale, un vero fiore d’acciaio che ha saputo insegnare a tutte noi, anche a chi come me non la conosce personalmente, cosa sono il coraggio e la dolcezza fusi insieme. Posso solo immaginare la disperazione e il vuoto che ha provato allora, e che prova ancora oggi, ma la verità è che non ha mai perso la grazia e la dignità, e ha saputo unire un gruppo di persone sparse per l’Italia attraverso l’affetto infinito verso suo figlio. Ha avuto la forza, l’intelligenza e la generosità di trasformare l’amore per Richi in amore per gli altri, creando un’associazione che ha raccolto fondi per costruire un asilo in Africa; ha creato una pagina su FB per Richi che non è un santuario o un luogo triste, anzi, un modo per lei e tutte le persone che gli hanno voluto bene di tenerlo vivo e comunicare con lui. In questi due anni siamo tutte cambiate, i nostri bambini sono cresciuti e noi con loro. La morte si combatte con la vita, e la mamma di Richi gli ha fatto il più bel regalo che avrebbe mai potuto fare, cioè un fratellino. O forse si potrebbe dire che Richi ha fatto a sua volta questo regalo alla sua mamma, chi lo sa… Domani Richi avrebbe compiuto 7 anni. Che il mio augurio salga fin lassù, su quella luna tonda e splendente dalla quale immagino ci guardi. 

prova…prova

Prove tecniche di blog. Un blog, perché? Perchè i pensieri e le idee che frullano per la testa sono tanti, viene voglia di buttarli da qualche parte e condividerli con qualcuno. Perchè sono una chiacchierona. Perchè no? Perchè non costa nulla e fa bene. Perchè tra poco è il mio compleanno e volevo farmi un regalo speciale. Perchè sì!

Dato che sono una principiante alle prime, per un po’ (spero…) sarà ingenuo, semplice e ampiamente migliorabile. E’ appena nato, per adesso ha solo la testa, braccia e gambe, piano piano spunteranno i capelli, cresceranno i dentini, imparerà a sorridere, a piangere e a camminare da solo… un po’ come i bambini. Pronti…via!